Francesco Caglio


"Nato il 2 agosto 1909 nella frazione Cà di Lesmo, Caglio Francesco crebbe all'oratorio di Arcore.

Scoperta la vocazione sacerdotale, decise di diventare frate, ma a causa della salute, dovette interrompere gli studi avviati in convento di Genova e tornare a casa.
Operaio magazziniere presso la Gilera, poi presso la ditta Bestetti, fù propagandista dell'Azione Cattolica e svolse un'infaticabile attività di organizzazione a Monza e Lecco. Antifascista dichiarato, non prese mai la tessera del Partito Nazionale Fascista.
Fu tra quelle persone che scelsero consapevolmente di affrontare il pericolo non solo per il successo di alcune idee, ma anche perchè tutti gli altri, anche quelli con idee diverse , avessero la libertà di esprimerle.

Poco più che trentenne, lui cattolico, fu con Giuseppe Centemero, una delle due figure di spicco che diedero il primo impulso alla lotta partigiana di Arcore.
- Fu da sempre contro ogni totalitarismo e contro ogni dittatura – si può leggere in alcuni appunti dell'archivio parrocchiale – e trovò, per la realizzazione pratica dei suoi ideali, terreno propizio nell'azione partigiana.

Caglio iniziò la sua attività clandestina nell'ottobre del 1943 collaborando con i due coadiutori della Parrocchia Sant'Eustorgio, don Domenico Villa e don Giuseppe (Peppino) Villa, che costituirono il tessuto connettivo del movimento resistenziale di Arcore e furono punto di riferimento per giovani "sbandati", i militari alleati fuggiti dai campi di concentramento, i ricercati politici, ebrei, insomma per tutti coloro che avevano bisogno di nascondersi, di trovare un rifugio, di passare il confine.

Legato ai gruppi resistenziali cattolici di Vimercate e di Monza, partecipava alle riunioni clandestine nella parrocchiale del Carrobbiolo e di San Gerardo. Appartenente alla 25° Brigata del Popolo di Monza estese la sua azione da Milano, a Vimercate, a Lecco.
Sempre in bicicletta, era portatore d'ordini, staffetta, distributore stampa partigiana. Raccoglieva denaro, vestiario e armi per combattenti nascosti in montagna.
Il 5 marzo 1944 fu arrestato allo stabilimento Bestetti di Arcore con l'accusa di aver nascosto armi in campagna e tradotto nel carcere di Monza, torturato a sangue non rivelò i nomi dei compagni di lotta, ma assumendo su di sè responsabilità condivise con altri arrestati con lui, riusci con il suo altruismo a farli rilasciare. Da Monza fu portato a San Vittore e sottoposto a nuovi durissimi interrogatori. Di lì fu tradotto a Carpi e internato nel campo di concentramento di Fossoli, dove sarà fucilato il 12 luglio 1944 insieme ad altre 67 persone."

(tratto dall'articolo del Cittadino del 3.10.1999)

La sera prima dell'eccidio, consapevole della propria fine parlò con un amico, il partigiano Siro Riboldi di Biassono, il quale, al ritorno dal Campo di lavoro in Germania dove venne trasferito, rilasciò questa testimonianza scritta, depositata negli archivi parrocchiali di Arcore. "…alla sera rimasi fino a tarda ora tra le fila dei presunti condannati a morte e per tenere un po' alto il morale e distrarci dagli incubi sulla nostra sorte giocammo a carte e parlammo di tanti ricordi che affollavano con nostalgia la nostra mente. In un angolo della baracca vi era Francesco Caglio, detto il Santo, il quale ad un certo momento fece cenno di avvicinarmi a lui.

Egli mi parlò dolcemente, mi baciò in fronte e poi con voce sommessa mi invitò a pregare con lui servendosi della corona del rosario che portava con sé dal carcere di Monza. "Prega con fervore Siro" mi disse "è forse l'ultima volta che ci vediamo, lo sento dentro di me; tutti e due abbiamo bisogno di restare vicini a Dio".
A queste parole mi convinse sempre di più che quello che io temevo, condiviso ora anche dal Caglio, si stava avverando. "Hai ragione Caglio, penso anch'io che forse non ci vedremo più. Dì ai nostri compagni che qualcosa di molto grave sta per abbattersi contro di noi, cerca di convincerli tu perché non mi vogliono ascoltare. Ho spiegato loro, domani toccherà a noi, ma non mi vogliono credere! Siamo ancora in tempo Caglio, siamo ancora in tempo a tentare qualche piano di rivolta!!!" Caglio commosso e rassegnato mi rispose: "cosa vuoi Siro , il destino per ognuno di noi è già stato segnato e se dobbiamo morire prepariamoci a farlo nella Grazia di Dio, perché Lui solo potrà perdonarci i nostri peccati e compensarci in cielo di quanto abbiamo sofferto in questi ultimi tempi". Rimasi circa un ora con lui, poi Caglio mi consigliò di raggiungere il mio capannone facendo attenzione di non farmi scoprire dalle guardie tedesche. Un per uno salutai commosso i compagni che forse lasciavo per sempre, abbracciandoli e stringendo loro fortemente la mano..."
"La vicenda che portò a questo eccidio non è stata completamente ancora ricostruita. I responsabili la giustificarono come una rappresaglia ad un attentato partigiano contro i tedeschi ma più probabilmente i "sessantasette" di Fossoli furono fucilati perchè considerati "elementi pericolosi" in vista dello smantellamento e del trasferimento del campo da Fossoli a Bolzano. Le SS temevano che durante il trasferimento molti prigionieri potessero fuggire e tornare alla clandestinità. Caglio fu ucciso con un colpo alla nuca e gettato in una fossa comune, scavata la mattina stessa da una decina di prigionieri ebrei, poi interrata e occultata con zolle d'erba.

I nazisti avrebbero voluto mantenere il massacro sotto segreto ma due prigionieri, fuggiti miracolosamente prima dell'esecuzione, riuscirono a trovare l'ubicazione della fossa. Il cadavere di Francesco fu esumato dieci mesi dopo la fucilazione, il 9 maggio 1945 e riconosciuto dall'abbigliamento. Il 27 maggio la salma fece ritorno e fu tumulata nel cimitero di Arcore."

(tratto dall'articolo del Cittadino del 3.10.1999)