Santo Capelli


Partigiano a 18 anni « Rifarei tutto per la libertà»

Alessandro Magno lo affascina da sempre. Quando diciottenne decide di salire sulle montagne lombarde per fare il partigiano sceglie come nome di battaglia il diminutivo Sandro gli evoca il suo eroe. Santo Capelli, 82 anni. cattolico fervente, è uno di quegli uomini che ha contribuito, rischiando la vita, a scrivere un pezzo importante della storia di libertà e democrazia cominciata dopo la guerra. Nato in Francia da genitori bergamaschi, giovanissimo rientra in Italia, trova lavoro alla Falck di Sesto San Giovanni insieme al padre. Lì c'è una solida base di ribelli al regime nazifascista. "La mia vita 'contro' comincia all'inizio del 1944 - racconta il partigiano - due gli episodi che mi hanno spinto a scegliere la clandestinità: il primo, il pestaggio di giovani innocenti dopo un'irruzione dei fascisti al cinema Centrale di Monza e l'altro in largo Mazzini. Mi colpirono con il calcio del fucile solo perché cercavo di passare, ero in ritardo dovevo timbrare il cartellino". Si avvicina ai compagni di lavoro, sostenitori attivi delle Sap, le squadre di azione patriottiche. La soffiata di un collega lo salva dall'arresto, ma Sandro non può più tornare a casa, Insieme al cugino Enrico Cefis sale in montagna. Dalla 55esima Brigata Rosselli di Bellano viene trasferito al rifugio Pio X, sede della II Divisione Carlo Marx, dove è sottoposto a un interrogatorio in grande stile. "Temevano fossi una spia", ricorda Santo, poi assegnato alla II Divisione Lombarda, a Fugagnolo. "Era il marzo del '44 sono arrivato mezzo scalzo, quasi congelato - ricorda - mi hanno consegnato un fucile 91 a canna lunga che risaliva alla Grande Guerra.
Comincio così il mio addestramento per il sabotaggio del nemico". Le azioni si moltiplicano, a Barzio Sandro viene ferito dallo scoppio di una bomba a mano. Il partigiano è ricoverato in casa di una famiglia amica della Sap di cui fa parte, nascosto in soffitta per paura dei rastrellamenti è accudito da una giovane, Maria. "Già, le donne e la Liberazione - sospira - senza le nostre staffette saremmo morti - ricorda CapellI - molte di loro sono cadute sotto la ferocia del nemico". Le azioni proseguono fino al grande rastrellamento dell'ottobre '44 i nazifascisti accerchiano la guerriglia, disperdendola. Sandro è costretto a rientrare in Brianza. Dal Resegone a Correzzana a piedi. Il suo impegno però non cessa: con Vitale Franchini, ufficiale postale, antifascista convinto, forma la Sap locale grazie all'aiuto di Sandro Rolandini, Enrico Cefis (che non l'ha mai lasciato), Luciano Noli e con l'appoggio del ragionier Faré, primo sindaco della Monza post-fascista. Il gruppo liberò Correzzana il 25 aprile 1945. Le medaglie si sprecano, ma dopo la lotta Santo è tornato alla vita di sempre. Operaio, con una famiglia felice e una dignità indescrivibile. Lo rifarebbe? "Sì, anche per evitare che solo ragazzo di oggi fosse costretto ad assumersi le responsabilità che ci portiamo dentro… adesso siamo liberi ma c'è stato un tempo in cui non era scontato".



Santo Capelli è nato in Francia il 29 giugno 1925 da genitori originalri di Villa d'Alme. Il futuro combattente cresce con il sacrificio nel sangue, ogni giorno
vede il padre spaccarsi la schiena nella miniera di ferro al confine con il Lussemburgo, dove lavora. Nel 1938 la famiglia approfitta del richiamo in patria di Benito Mussolini, che paga il viaggio agli emigranti mentre su tutta l'Europa ormai incombe il nazismo. Il giovane brianzolo d'adozione torna nella cittadina originaria della Val Brembana, poi si trasferisce a Correzzana.
Dopo la Liberazione sposa Domenica Damiani, la coppia ha una figlia, "Senza l'aiuto dì tante famiglie brianzole saremmo finiti male", ricorda il partigiano.



leggi la poesia "SANDRO AL SUO CAPITANO"